giovedì 10 settembre 2015

10 SETTEMBRE 1960: CON ABEBE BIKILA IL GIORNO PIU' GLORIOSO DEL GRA



55 ANNI FA SULLE STRADE DI ROMA VENIVA SCRITTA UNA DELLE PIU' BELLE E STRAORDINARIE PAGINE DELLA STORIA DELLO SPORT: L'ETIOPE ABEBE BIKILA SI LAUREAVA CAMPIONE OLIMPICO DELLA MARATONA, CONQUISTANDO LA PRIMA MEDAGLIA D'ORO PER UN PAESE AFRICANO. UN'IMPRESA CHE VIDE ANCHE IL GRA TRA GLI SCENARI PRIVILEGIATI

Non me ne vogliano gli appassionati di cinema e documentari e soprattutto non me ne voglia Gianfranco Rosi, il regista che nel 2013 con Sacro GRA ha portato il Grande Raccordo Anulare nell'olimpo del Leone d'Oro alla 70a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica a Venezia. Il suo merito (oltre alla compiutezza tecnica e stilistica della pellicola) sicuramente è stato quello di risvegliare un interesse vivace attorno all'urbanistica, al paesaggio e soprattutto all'antropologia sociale dell'uomo urbano che vive attorno a una zona di frontiera fisica ed ideale come il Raccordo.

Ma il giorno più alto e grande del Grande Raccordo Anulare non può che rimanere il 10 settembre del 1960, un sabato di fine estate. E' quel periodo in cui dopo averci fatto molto la bocca, il precoce calare del sole comincia a spezzare l'incanto della bella stagione, che appare ormai come un dolce retrogusto. Ma non è stata un'estate qualunque a Roma. La Città Eterna è sede dei Giochi della XVII Olimpiade. Livio Berruti, Wilma Rudolph, un giovane pugile statunitense chiamato Cassius Clay sono i principali protagonisti che animano quel finale di calda stagione a ritmo di sport.




Ma poi ecco arrivare il penultimo giorno di gare, sabato 10 settembre. E' il momento della regina delle distanze nell'atletica, quello della Maratona. Ispirata alla leggendaria corsa di Fidippide dall'omonimo villaggio greco fino ad Atene per annunciare la vittoria sui Persiani nella battaglia del 490 a.c., la competizione misura dalle Olimpiadi del 1908 42 km e 195 metri.
69 atleti provenienti da 35 paesi dei cinque continenti partono all'ombra dei Dioscuri del Campidoglio quando sono le 17.30. I favoriti per la stampa specializzata sono il sovietico Sergey Popov, il marocchino Radhi Ben Abdesselam e il belga Aurelie Vandendriesche. Qualche chances la si concede all'argentino Osvaldo Suárez, plurivincitore della Corrida di San Silvestro di San Paolo del Brasile e al  franco algerino Alain Mimoun, campione olimpico in carica,  nonostante quest'ultimo confessi alla vigilia della gara qualche acciacco di troppo.




La Maratona dopo aver attraversato piazza Venezia, via dei Fori Imperiali, la Via dei Trionfi(attuale via di San Gregorio) scorre prima su viale delle Terme di Caracalla e quindi, attraversati gli archi di Porta Ardeatina, imbocca il lungo serpente della Cristoforo Colombo.




Ed è proprio sull'ampio ed esteso viale che conduce al litorale romano che comincia a crearsi la selezione: il favorito Sergey Popov- accompagnato dal connazionale KonstantinVorobyov  e dal neozelandese Barry Magee- resta leggermente staccato da un gruppo di sei battistrada che si apre il cammino verso il laghetto dell'EUR e il Palazzo dello Sport.




 Ci sono il marocchino Radhi Ben Abdesselam e il belga Aurelie Vandendriessche, due dei favoriti della vigilia; assieme a loro un altro atleta del Marocco, Allah Saoudi, l'irlandese Gerry McIntyre, il trentanovenne britannico Arthur Keily, e poi c'è lui, un etiope, si chiama Abebe Bikila. Nato nel 1941, ha 28 anni ed è arruolato come soldato nel 5° Reggimento della Guardia Imperiale etiopica dell'imperatore Haile Selassie. Sposato con due figli, la maratona sembra essere nel suo destino: è infatti nato il 7 agosto del 1932, nel giorno in cui a Los Angeles si corse la Maratona dei Giochi della X Olimpiade, vinta dall'argentino Juan Carlos Zabala. A differenza dei suoi compagni di fuga ha una particolarità: corre scalzo. Non lo fa perché è povero e vuole dimostrare al mondo che venendo dal basso e in condizioni precarie si può comunque primeggiare, lui semplicemente è abituato a correre privo di scarpe e così si sente più a suo agio. Il suo tecnico, Onni Niskanen, svedese di origini finniche ed ex consigliere militare di Haile Selassie, non ha nulla da obiettare infatti quando il suo atleta gli esprime la preferenza per correre senza calzature. 
Gli atleti dopo l'EUR percorrono la Cristoforo Colombo fino all'altezza di Vitinia. Dopodiché tornano indietro sul lungo viale dedicato al grande navigatore e all'altezza del Ponte di Mezzocammino imboccano il Grande Raccordo Anulare.

IL GRA E LA MARATONA OLIMPICA, IL MATRIMONIO PIU' INEDITO CELEBRATO SULL'ALTARE DELLO SPORT

LA Maratona Olimpica sul Grande Raccordo Anulare, probabilmente già verso l'attuale uscita 24 dell'Ardeatina(come suggerisce la sagoma di un rudere o casolare presente nell'immagine in alto a destra): Radhi Ben Abdesselam è davanti, ma Abebe Bikila è lì alle calcagna. La vittoria sarà una questione tra di loro


E' l'inizio del viaggio degli atleti sul GRA. Il ponte di Mezzocammino quasi quasi coincide veramente con metà del percorso di gara: la mezza maratona è a 21,097 km, il passaggio presso il monumentale ponte corrisponde a 20,300 km del tragitto.
La maratona di Roma 1960 proprio a partire da questo tratto dimostra tutta la sua peculiarità. Il Raccordo Anulare per le sue caratteristiche fa certamente pensare molto di più a motori rombanti e ruote gommate che non alle gambe, ai piedi e al fiato di decine di atleti impegnati a mettere avanti un passo dietro l'altro correndo. Se qualcuno prima o dopo quel giorno avesse immaginato un incontro tra il Raccordo e lo sport, sicuramente avrebbe molto più facilmente fantasticato su una qualche gara automobilistica, come la Mille Miglia o magari un'edizione speciale di un Gran Premio di Formula 1. Invece l'inedito matrimonio tra il GRA e lo sport si celebra sull'altare della corsa a piedi, con una cerimonia che invece dello strepito dei motori a scoppio, ha come colonna sonora il respiro oscillante e il passo felpato o pesante di maratoneti a caccia della gloria massima.
In questo antitetico connubio, dove la futura autostrada A 90 fa spazio ai piedi dei corridori più che alle ruote di automobili, gli eroi della maratona di Roma '60 percorrono il GRA in senso antiorario, lungo la carreggiata esterna. Infatti una volta imboccata l'arteria circolare all'altezza di Mezzocammino e della Colombo, gli atleti proseguono in direzione sudest verso l'Appia.



 A pensarci bene anche percorrere il Raccordo in direzione Aurelia avrebbe avuto una sua perfetta logica: seguendo infatti la Circonvallazione Occidentale, la maratona avrebbe potuto raggiungere l'ultima uscita allora esistente a nord,quella della Flaminia, e da lì raggiungere lo Stadio Olimpico. Ma quella di Roma è una delle tre maratone olimpiche che non ha abbracciato lo stadio Olimpico né alla partenza né all'arrivo (le altre due sono state Atene 2004 e Londra 2012). La Commissione di Studio per le Olimpiadi del 1960 infatti, già nel marzo del 1956 aveva proposto che alcune competizioni dei Giochi si svolgessero in scenari storici, per risaltare i monumenti e l'antichità di Roma. In tale quadro venne deciso che le competizioni di Ginnastica Artistica si svolgessero alle Terme di Caracalla, le gare di lotta nel Foro Romano presso la Basilica di Massenzio e che la gara di maratona partisse dal Campidoglio e arrivasse sotto l'Arco di Costantino, a pochi metri dal Colosseo. Per raggiungere il prestigioso traguardo nei pressi dell'antico anfiteatro Flavio, la regina delle gare di corsa dopo il suo transito sul Grande Raccordo Anulare avrebbe imboccato l'Appia Antica, proprio a partire dalla strada di circonvallazione.



Come si presenta oggi con il Raccordo che passa sotto la sede dell'antica consolare: da lì i maratoneti presero a galoppare verso il centro


Sul GRA i maratoneti percorsero in totale 10,450 km, quasi un quarto della distanza complessiva. Come visto l'ingresso fu all'altezza di Mezzocammino, al km 20,300 della gara e l'imbocco in corrispondenza dell'Appia Antica, al km 30,750 del tragitto.
Un segmento che prevedeva il passaggio lungo l'asse che oggi attraversa le uscite 27 (Cristoforo Colombo, km 55.3), 26 (Via Pontina, km 54,8) 25 (Via Laurentina, km 52,6) e 24(Via Ardeatina, km 48,0) e che, prima di raggiungere l'attuale uscita 23 dell'Appia Nuova, contemplava l'immissione sulla Via Appia Antica intorno al km 45. Oggi fortunatamente il GRA bypassa l'antica consolare con un moderno sistema di gallerie. Ma quando si corse la maratona olimpica di Roma 1960 (e per quasi altri quattro decenni) la grande arteria di circonvallazione della Capitale tagliava in due l'antica strada romana, compromettendo sostanzialmente già allora il prosieguo del cammino su di essa in entrambe le direzioni.


MITI E REALTA' SULL'APPIA ANTICA DELLA MARATONA OLIMPICA

Se la maratona olimpica di Roma 1960 è entrata di diritto nella storia ed epica dello sport, non solo lo deve al mero trionfo di Bikila, alla prima medaglia d'oro del continente africano conquistata in terra italiana da un atleta dell'Etiopia, paese che solo pochi anni prima aveva sofferto la barbara ferita del colonialismo dell'Italia fascista. Non lo deve neanche esclusivamente ai piedi scalzi con cui Abebe sfidò il mondo quel giorno a Roma e con cui stabilì quel pomeriggio-sera l'allora nuovo record olimpico e mondiale sulla distanza, fissato dall'etiope a 2h15'16".2 . O meglio lo deve sicuramente anche a tutti questi elementi. Ma né il primo grande trionfo mondiale dell'atletica africana, né la simbolica rivincita sul colonialismo italiano nella terra del vecchio dominatore e nemmeno la corsa a piedi scalzi con annessi record olimpico e mondiale potrebbero aver reso così magica quella pagina di storia senza quella cornice, quel palcoscenico da imperatori: l'Appia Antica. Il fascino della sua storia, dei monumenti che ne accompagnano il tracciato e della sua passata importanza strategica per le comunicazioni e i commerci con l'Oriente della Roma antica, danno alla cavalcata di Abebe Bikila verso il suo primo oro olimpico un'aurea che quattro anni dopo le strade di Tokio non potranno uguagliare in occasione del suo secondo trionfo.

Detto questo però non ci si può neanche abbandonare alla mitologia pura, trascurando rilievi storici che aiutano a far maggiormente luce e chiarezza circa alcuni aspetti e dettagli di questa indimenticabile e magnifica vicenda. Spesso per risaltare con maggior vigore l'impresa di Abebe Bikila a Roma 1960, si pone l'accento sui piedi scalzi con cui il maratoneta etiope sfidò impavidamente il basolato della Via Appia. Sono peraltro alcuni importanti personaggi legati a questa storia che hanno enfatizzato l'asperità del fondo dell'Appia Antica in quel giorno del 1960. Dai libri 'Un Sogno a Roma' e 'La Rivoluzione di Bikila' di Giorgio Lo Giudice e Valerio Piccioni possiamo infatti estrarre la significativa testimonianza di Arthr Lidyard, guru dell'atletica neozelandese ed allora allenatore del maratoneta suo connazionale, Barry Magee, vincitore della medaglia di bronzo in quella maratona :
"Ho sentito spesso Barry descrivere quella corsa. Avete mai visto l'Appia Antica a Roma? E' là da duemila anni e consiste di pietre lunghe uno o due piedi che escono fuori dalla superficie e che sono spesso lontane l'una dall'altra. E naturalmente la corsa iniziò di giorno, ma la seconda metà si svolse nel buio [...]"
Senza evidentemente avere l'intenzione di sminuire l'impresa di Bikila e degli altri atleti che corsero quella gara, è però necessario rammentare che l'Appia Antica del 1960 era una strada dal fondo completamente diverso da quello odierno.



Seppur con angolature differenti, i due scatti di cui sopra rappresentano altrettante istantanee dello stesso tratto dell'Appia Antica: il primo ci fa vedere com'era nel 1985( e quindi com'era anche nel 1960), il secondo invece mostra come si presenta oggi l'inizio di quella che possiamo denominare la 'tratta olimpica' dell'antica consolare, vale a dire quella parte della Regina Viarum transitata dai maratoneti il 10 settembre 1960. Come si può perfettamente constatare nella prima foto, l'Appia Antica tra la fine degli anni '50 e fin quasi il Giubileo del 2000 è stata concepita come una strada a misura d'auto e trasporto su gomma, con fondo asfaltato e praticamente piatto nella sua interezza, per facilitare il passaggio di autoveicoli e altri motorizzati. Nella seconda foto invece si nota una carreggiata ristretta e con il fondo ripavimentato con sampietrini, per ripristinare un aspetto più consono alla sua tradizione paesaggistica e pensato maggiormente per escursioni a piedi e in bicicletta. 


Passaggio della maratona olimpica di Roma '60 sull'Appia Antica, subito dopo l'incrocio con via di Torricola/Via di Casal Rotondo. Abebe e Radhi sono nascosti dietro il corteo di Lambrette, moto Guzzi ed auto che precedono la gara. Sullo sfondo a sinistra si intravede il Casal Rotondo (da cui l'omonima via che scende verso l'Appia Nuova). Il fondo è leggermente sterrato, ma i lastroni oggi presenti in prossimità dell'incrocio erano sotterrati sotto l'asfalto. Fu questo uno dei punti più duri della gara

Il cambio di paradigma è avvenuto con il sotterramento del Grande Raccordo Anulare, che dopo quasi mezzo secolo di transito sull'antica sede dell'Appia è stato fatto confluire in gallerie sotterranee che hanno consentito dal 1999 in avanti di ripristinare la continuità dell'antico tracciato della storica consolare.
Circa gli aspetti particolari e il perché venne a generarsi questa situazione, un'ampia analisi può essere esaminata nel precedente post del blog:


PERCHE' OGGI LA MARATONA DI ROMA 1960 NON SAREBBE POSSIBILE

Quello che va quindi detto è che nel 1960 gli sporgenti ed insidiosi  'lastroni' di basalto a cui faceva cenno nei suoi ricordi Arthur Lidyard, sporgevano lungo l'Appia Antica in pochissimi e scarsi tratti,  per una lunghezza totale di qualche centinaio di metri. Gli stessi sampietrini con cui oggi è stato ripavimentato l'intero tracciato dell'Appia Antica ( più abbordabili per l'appoggio del piede dei basoli, ma che comunque presentano una precaria aderenza per le suole delle scarpe o le piante dei piedi) erano stati anch'essi rimossi e sostituiti con asfalto nella quasi totalità della 'tratta olimpica'. Quindi la superficie affrontata dai piedi dei maratoneti,e in particolare quelli scalzi di Abebe Bikila, non corrisponde al fondo decisamente più ostico in cui si imbatterebbero oggi l'etiope e i suoi rivali. L'esempio più lampante delle due differenti situazioni è quello del tratto basolato oggi presente all'altezza delle base dell'Aeronautica Militare 'Forte Appia', tra via dei Lugari e Vicolo di Tor Carbone, di cui nella foto qui sotto:


Nell'immagine si può osservare una parte di un ampio tratto di basolato che misura all'incirca 800 metri e che il 10 settembre 1960 era interamente ricoperto dall'asfalto. Se oggi Abebe Bikila e gli altri maratoneti del 1960 avessero avuto a che fare con questo tipo di fondo, è molto probabile che istintivamente avrebbero cercato di guadagnare i sentieri sterrati che si scorgono ai margini della strada, perdendo qualcosa sicuramente nel ritmo e nella scioltezza di corsa. Ciò vale ancor di più se si tiene conto che in quella parte di gara gli atleti transitavano tra il km 35 e il 36, quindi praticamente entrando nella fase decisiva della competizione. Il buio e l'esclusiva illuminazione naturale del fuoco delle fiaccole in dotazione ai soldati appostati ogni 100 metri sono stati sicuramente un fattore di compensazione. Difficile stabilire quanto avrebbero perso oggi, anche se con un po' di buon senso sommando all'oscurità del finale il fondo attuale, Bikila magari avrebbe pure vinto lo stesso la medaglia d'oro, ma quasi sicuramente non avrebbe stabilito la miglior prestazione mondiale, giacché l'etiope a Roma migliorò di appena 8 decimi di secondo la precedente best performance, stabilità due anni prima da Popov.

Abebe e Radhi passano a Cecilia Metella : manto stradale piatto, diverso da quello in sampietrini presente oggi sulla salita/discesa che fiancheggia la monumentale tomba

Il resto della maratona è storia nota a quasi tutti: all'altezza di Porta San Sebastiano, al 40° km della gara Abebe Bikila stacca Radhi Ben Abdesselam per involarsi verso il primo dei due ori olimpici consecutivi in maratona, celebrato ai piedi dell'Arco di Costantino.



L'Appia Antica fu sicuramente il palcoscenico più bello, affascinante e suggestivo dell'intero tracciato, ma senza lo scempio del Raccordo Anulare, ovvero il passaggio del GRA sull'antica consolare che veniva da esso tagliata in due, il transito sulla storica strada in quella gara olimpica avrebbe avuto implicazioni logistiche praticamente insormontabili, rendendolo pressoché impossibile . Il percorso di quella maratona al giorno d'oggi, non solo dovrebbe infatti far fronte all'ostilità di un Appia Antica dal fondo molto più duro e rigido, ma dal Raccordo il percorso dovrebbe anche bypassare le gallerie del tunnel dell'Appia Antica con una rampa artificiale che porti gli atleti dal GRA sul terrapieno che ha sotterrato il Raccordo e da tale collina i maratoneti dovrebbero quindi discendere fino all'Appia Antica, incrociandola pressapoco nel punto in cui transitava la grande arteria fino al 1999. 

Com'era l'incrocio Appia Gra nel 1960...




...com'è oggi

Personalmente arrivo alla conclusione che, con i tempi che corrono, nessun comitato organizzatore farebbe mai disputare la Maratona dei Giochi Olimpici su un simile percorso, che risulterebbe alquanto macchinoso e poco funzionale allo show business delle prestazioni cronometriche da sballo, che ormai sono all'ordine del giorno anche in sede olimpica. 
Tutto questo ci fa capire che la vecchia e polemica intersezione GRA-Appia Antica( abolita grazie alle opere per il Giubileo del 2000) aldilà dei molteplici danni arrecati per svariati decenni al patrimonio archeologico e paesaggistico dell'Agro Romano, ha comunque rappresentato l'anello fondamentale affinché la storia dello sport potesse regalarci una pagina tanto affascinante come il duello di Abebe e Radhi nella notte della Regina Viarum, quando l'Africa mandò in scena a Roma la sua prima danza di corsa. Una danza che cominciò a prendere ritmo sul Grande Raccordo Anulare.




lunedì 7 settembre 2015

GRA-IL PIANETA ANULARE


Le cose non nascono forse mai per caso. Ma se questo blog nasce quando a Roma e nei suoi dintorni sono le 3.18 di un sabato di fine estate, mentre qui a Buenos Aires(dove ora vivo) sono le 22.18 di un venerdì di fine inverno, è perché semplicemente è scoccata una scintilla, un qualcosa che mi ha spinto a riprendere in mano un'idea, un'ispirazione che era rimasta sepolta dentro i miei pensieri. Cosa me ne importa del Gra, del Grande Raccordo Anulare, se adesso vivo a 11.000 km e più da quel luogo, struttura, autostrada, raccordo stradale? Non lo so, non credo che serva una risposta e forse a volte non è neanche lecito domandarsi troppo.
Senza dubbio è un modo per rimanere vicino con il cuore e con il pensiero a Roma, alla realtà nella quale sono cresciuto e per rimanerne consapevole. Una scorciatoia per non perdere di vista una parte della mia vita che non credo riuscirò mai veramente ad abbandonare. Perché il Raccordo o il Grande Raccordo Anulare? Perché è una frontiera forse, perché è un territorio fermo e stabile a un tempo, in continuo movimento in un altro. Un vortice? Un otto volante? A volte mi piace immaginarlo come una specie d'astronave che si è posata sulla vita di migliaia e poi milioni di persone, inghiottendo la dinamica delle loro giornate, sia per quelli che lo attraversano, sia per coloro che invece lo osservano, dal balcone di una casa, da un parco o mentre chiudono la cassa di un bar o di un negozio di lampadari.





UNA QUESTIONE DI TERRITORIO

Quando il bambino era bambino, 
era l'epoca di queste domande.
Perché io sono io, e perché non sei tu? 
Perché sono qui, e perché non sono lí? 
Quando é cominciato il tempo, e dove finisce lo spazio

Questo stralcio del poema di Peter Handke prestato alla genialità di Wim Wenders per il film Il Cielo Sopra Berlino ha a che vedere con la risposta che cerco di dare con questo blog, o forse una delle molteplici risposte che cerco. Dove inizia e dove finisce il Grande Raccordo Anulare? Cosa rappresenta veramente per i romani o per chi lo vede? Qual'è il rapporto dei romani e degli esseri umani urbani con lo spazio di Roma e delle città dove vivono? Come lo affrontano, come lo vivono, come lo immaginano, come lo sognano? Come lo vedevano quando erano bambini e non conoscevano la geografia di questo spazio che circonda Roma e quella della città stessa? I romani conoscono le zone limitrofi al Raccordo, sia quelle adiacenti alla carreggiata interna che a quella esterna? Conoscono in generale tante zone della città?





Quel che è certo è che quando ero un bambino non potevo guidare un'automobile o un motorino e fino all'adolescenza la possibilità di muovermi in modo indipendente erano limitate. Non so se per tanti altri è stato così nella loro infanzia, ma se ricordo la mia idea di geografia mentale della città, non avevo assolutamente idea di 'dove fossero i posti': scuola mia era lì e ci si andava, così la casa dei miei vari amici. Magari uno conosceva i nomi di vie, piazze, quartieri, ma il fatto di non arrivarci soli in qualche modo limitava la capacità di pensare a dove collocarli. Credo che ancora oggi se a tanti di noi chiedessero di disegnare su un foglio bianco un abbozzo di planimetria della città di Roma, probabilmente ci troveremmo in grande difficoltà. Una cosa è il GRA, un'altra in effetti è il Comune di Roma, uno dei più grandi in Europa, se non il più grande, giacché accoglie nel suo seno anche Ostia e altre zone del litorale. Ma non è solo questa porzione del territorio sudoccidentale dell'area metropolitana romana ad ingarbugliare il modo in cui pensiamo a cosa c'è dentro Roma o cose ne resta fuori. Lo stesso Raccordo, se da un lato nacque con l'idea di delimitare Roma intersecando le numerose consolari che da essa partono e arrivano, dall'altro è stato motore di un'espansione della città a volte incontrollata e selvaggia.




QUELL'IMMAGINE CHE FU UNO SCHOCK: LA MIA APPIA ANTICA NEI PRESSI DEL GRA

Ognuno ha un'immagine o un campione d'immagini del Grande Raccordo Anulare nella sua mente e nel suo inconscio, così come di qualsiasi oggetto o concetto con cui interagisce. Se penso al Raccordo una delle primissime visioni che ho è questa.


Sono immagini che ai più magari non diranno molto. La qualità non è delle migliori, va ammesso, ma è quanto di meglio ho potuto reperire per rendere meglio l'idea. Questa è l'immagine che mi viene in mente del Grande Raccordo Anulare, quando questo tagliava in due l'Appia Antica, rompendone la continuità in modo irrimediabile e impedendo il suo attraversamento. Sono fotogrammi del documentario 'GRA-Il Pianeta Anulare', andato in onda a puntate sulla RAI nel 1985, scritto e diretto da Carmine Amoroso e Ada Guglielmucci, da un'idea di Ugo Pirro e dal cui titolo questo blog trae ispirazione.


Ecco un'altra foto che forse rende meglio l'idea. Tratto dall'archivio della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma(SSBAR), questo scatto- datato 1970 -ci da un' idea più chiara del panorama di ciò in cui si imbatteva l'automobilista/motorista/ciclista/pedone fino all'estate del 1999: l'Appia Antica per chi veniva da Roma moriva lì....il resto dell'antica consolare per coloro che non erano dotati di automobile o motocicletta era una specie di terra incognita e misteriosa. La segnaletica stradale riporta lo STOP e la SVOLTA OBBLIGATORIA A DESTRA dove il GRA corre oggi come allora verso l'uscita 24, quella dell'Ardeatina, che porta verso la Cecchignola, l'Ardeatino e Roma '70 per chi esce allo svincolo verso il centro e verso il Divino Amore, Santa Palomba e Ardea per coloro che prendono l'uscita in direzione esterna alla città.

L'APPIA E IL GRA: LIBERO RACCONTO DI UNA CONTRADDIZIONE 

Ritorna la metafora dell'astronave posatasi all'improvviso sulla vita di tanti uomini, donne, cittadini, ma anche su un paesaggio con tanti esseri vegetali e animali violentati senza preavviso da quella colata di cemento. Ritorna anche un po' Berlino, menzionata prima con il film di Wim Wenders, perché come il famigerato Muro che divise in due la capitale tedesca, anche il Grande Raccordo Anulare in quella zona di mondo e di Roma si frappose forse tra i sogni di generazioni di bambini che correndo a piedi e in bici volevano solo respirare aria di libertà e che invece dovettero fermarsi di fronte all'incedere quasi marziale e apparentemente ineludibile di quello che- a volte senza pensarci troppo- gli esseri umani tendono a definire progresso.


Eccolo quell'ostacolo, quel 'muro', quella barriera che ruppe il mio viaggiare e chissà di quanti altri verso la 'scoperta'. Nella foto precedente del 1970, la segnaletica come visto invitava alla svolta obbligatoria. Ma in anni successivi secondo quello che ricordo attraverso l'aneddotica dei miei famigliari e vicini, l'accesso al GRA dall'Appia Antica da un certo anno in poi ERA TEORICAMENTE VIETATO, poiché non esisteva un vero e autentico svincolo dal quale effettuare l'immissione sull'arteria circolare. Non possiedo fonti fotografiche o documentarie che possano confermare o smentire questa tesi. Quel che è sicuro è che in entrambi i sensi l'Appia Antica aveva libero accesso al Raccordo, poiché nessuna autorità si è mai assunta il compito di sbarrarla, né per coloro che provenissero dal Centro, né tanto meno per quegli automobilisti che provenissero da Ciampino o Fioranello.


Dal forum del sito Roma Sparita sono riuscito a recuperare questo vecchio stralcio di un articolo del Corriere della Sera risalente al 1966, epoca di boom economico, di cui la Cinquecento che si vede raffigurata nell'immagine fu uno degli emblemi. Nel riquadro sotto l'immagine si fa riferimento alla pericolosità dell'incrocio Appia-GRA, collocato al km 48,400 del Raccordo: il testo pone in particolare l'accento su una preoccupante statistica risalente al 1965, con 19 incidenti di cui 2 mortali avvenuti tra detta intersezione e lo svincolo con l'attuale uscita 23, quella che porta all'Appio San Giovanni in direzione centro e verso i Castelli in direzione esterna. Dubito che lo stillicidio si sia fermato al 1965, perché se l'archivio SSBAR prima visto non mente, nel 1970(cinque anni dopo) la segnaletica consentiva  il transito, che è rimasto una pratica diffusa fino al 1999, e negli anni 80' conobbe il suo apogeo come dimostra questo video tratto dal già menzionato documentario GRA-Il Pianeta Anulare, da cui ho preso il nome per il blog( vedansi i fotogrammi tra i 44 e i 48 secondi per osservare l'immissione di un auto).






  Ora, una delle immagini più vive che ho della vecchia intersezione Appia Antica-Raccordo è un cartello verde che segnalava la prossimità della grande arteria circolare ed uno(non ricordo se sotto o a fianco) in cui SEMPRE SU SFONDO VERDE vi era la scritta Appia Antica in bianco MA CON IL SEGNALE DI SBARRAMENTO IN ROSSO SOVRAPPOSTO. O forse era semplicemente questa la segnaletica che ricordavo?


Quest'immagine è tratta dal sito/blog 'I Balordi Metropolitani-Scorci di Roma Scomparsa (http://ibalordimetropolitani.weebly.com/quando-lrsquoappia-antica-veniva-interrotta-dal-gra.html ), una pagina di nostalgici che hanno scelto di condividere attraverso immagini ed aneddoti ricordi di aspetti che caratterizzarono a un tempo la Città Eterna. L'Appia Antica interrotta dal GRA è evidentemente stato anche per i tre ragazzi ideatori del blog una sorta di scempio mitologico del panorama di Roma. Un affronto alla vista e soprattutto alla libertà del movimento poco tollerabile. Secondo quanto riportato in detta pagina, lo scatto a colori di cui sopra sarebbe un fotogramma di un filmato con videocamera del 1992. Ciò significa quindi che nei primi anni '90( e molto probabilmente quindi fino al sotterramento del GRA) la svolta sul Raccordo non solo era tollerata, ma era oltretutto consentita a norma di codice della strada. Il cartello verde con sbarramento in rosso che ricordavo non riguarda indicazioni circa l'Appia Antica, bensì indica l'interruzione dello stesso raccordo anulare: in prospettiva lo si può vedere a sinistra dei due cartelli di 'stop' e 'svolta obbligatoria a destra', posto fisicamente aldilà del guard rail sul versante opposto dell'antica consolare, sulla destra dell'imbocco in direzione Fioranello- Ciampino-Frattocchie.

Ma ecco delle foto che invece forse ci spiegano in sequenza prima la leggerezza con cui fu presa la decisione di far passare il Raccordo in quel punto; quindi la frequenza stessa degli incidenti a cui si faceva cenno con il ritaglio di giornale.

Certezze al riguardo non ve ne sono, ma nel forum di Roma Sparita si fa riferimento a questa foto come all'incrocio tra Appia e Raccordo. Prendiamo per buona l'affermazione dell'utente che l'ha postata, ma ad una condizione: questa foto dev'essere stata scattata prima del 1960, cioè prima che venissero intrapresi i lavori di ampliamento del GRA in coincidenza con i Giochi della XVII Olimpiade, opere che prevedevano tra le altre cose la costruzione di una seconda corsia per senso di marcia. Osservando la foto, la sede stradale che taglia in perpendicolare pare a prima vista troppo ristretta per trattarsi del Grande Raccordo Anulare, almeno del Raccordo che siamo abituati a vedere da quarant'anni a questa parte. Eppure nei suoi albori(agli inizi degli anni 1950) il GRA era una strada con solo una corsia per senso di marcia, come oggi la Prenestina, l'Ardeatina o la Nettunense. I pini marittimi(dovrebbero essere quelli, ma ogni correzione al riguardo è ben accetta) sembrerebbero coincidere con quelli presenti in altre foto di altre epoche. Nella foto vi è un cartello di DARE PRECEDENZA che può assolutamente essere coerente sia con un Raccordo a due corsie complessive(una per senso di marcia), sia con l'idea stessa di intersecare l'Appia Antica con tale arteria. Se infatti il GRA fosse rimasto quello degli anni '50, che differenza sostanziale ci sarebbe stata allora tra il suo passaggio sull'antica consolare rispetto a quello di direttrici come Tor Carbone/Erode Attico, Torricola/Casal Rotondo o Fioranello/Via dell'Aeroscalo, che ancora oggi passano sull'Appia? Direi in effetti nessuna. Coloro che progettarono la grande circonvallazione a partire dalla fine degli anni '40,  probabilmente non immaginavano che dopo il disastro del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale l'Italia avesse conosciuto un'impennata come quella del boom economico. Quindi non lo progettarono con l'idea di una strada in linea con la motorizzazione di massa che caratterizzò il paese a partire dagli anni '60 e che già andava prendendo piede sul finire dei '50. Una volta poi che si dovette procedere all'adeguamento del Raccordo al crescente aumento della circolazione di veicoli, allora non fu presa in considerazione nessuna alternativa se non quella di rubare ulteriori metri all'Appia Antica e di allargare la carreggiata, rendendo l'attraversamento un'operazione inutilmente rischiosa per sé stessi e gli altri automobilisti.



In questa foto(sempre dei 'Balordi Metropolitani') lo sbocco dell'Appia Antica sul GRA è visualizzato direttamente dall'arteria stradale: carreggiata interna o esterna? Occhio e croce direi l'interna, con lo sbocco della Regina Viarum sulla destra che dovrebbe quindi corrispondere a quello del tratto proveniente da Porta San Sebastiano. L'immagine non è del tutto soddisfacente. Si vedono all'altezza dell' immissione quattro cartelli a freccia: il primo dall'alto in basso sicuramente è verde e sembra indicare proprio il Grande Raccordo Anulare; gli altri tre sembrano invece rivolti verso il centro, ma francamente mi è difficile poter scorgere cosa indichino. Come si può inoltre notare non è ancora presente il guard rail come negli anni '80 e '90. Gli opposti sensi di marcia-come si osserva nell'immagine- sono infatti separati da una serie di siepi collocate in funzione antiabbagliante. Proprio all'altezza dell'Appia Antica si può notare una discontinuità tra le suddette siepi, quasi a voler ancora favorire la possibilità, per chi percorresse l'antica consolare, di attraversare il Raccordo Anulare e proseguire il proprio viaggio in un senso o nell'altro. Se ciò era immaginabile nell'ambito di un GRA con una corsia per senso di marcia, nel quale impegnare la carreggiata era plausibile, era invece ASSOLUTAMENTE INIMMAGINABILE E FOLLE pensare a un simile azzardo su di un Raccordo a quattro corsie, quasi con le caratteristiche di un'autostrada. 
Conoscendo l'utilizzo fatto negli anni dell'Appia Antica dalla classe politica italiana con le sue auto blu, possiamo forse arrivare anche alla ragionevole conclusione che l'Appia Antica, seppur rappresentava con il suo sbocco un pericolo per la sicurezza della circolazione sul GRA, non fu mai veramente regolamentata in modo preciso e serio per lasciare a deputati e senatori residenti in zona la possibilità di una scorciatoia in fretta verso o dagli aeroporti.


Vale infatti la pena ricordare che il manto stradale dell'Appia Antica a quell'altezza non era affatto simile a quello presente al giorno d'oggi. 

Notevole davvero la differenza. Nel primo fotogramma sopra- tratto sempre dal documentario di Amoroso-Guiducci 'GRA-Il Pianeta Anulare' 1985- la sede stradale appariva soffice e liscia, quasi fosse una gomma da cancellare della Staedtler; nella seconda foto si osserva com'è il fondo stradale oggi, ripavimentato con i classici sampietrini. Non era certo un caso: l'Appia Antica di oggi è ormai concepita in quel tratto per passeggiate pedonali e cicloturistiche; quella del fotogramma anni '80 con fondo stradale totalmente coperto dal cemento era perfettamente funzionale al traffico automobilistico ed incentivava i potenti residenti dell'area ed altri utenti ad utilizzarla come cammino alternativo o principale verso il GRA.



Oggi si presenta così la vecchia intersezione, con il GRA che transita in una galleria lunga 1200 metri, con 16,70 metri di larghezza alla base e 9 metri di altezza, secondo quanto indicava in una relazione speciale sui lavori nel maggio 2001 l'ingegnere Michele Minenna, tra le altre cose Direttore dell’Ufficio Speciale Infrastrutture per il Giubileo del 2000 (http://www.minenna.it/michele/gra.pdf)


Disegno riguardante le modifiche apportate alla ferrovia Roma-Formia-Napoli dopo l'interramento del GRA: con il passaggio nelle gallerie sotterranee e la creazione del terrapieno, per non compromettere il servizio della linea si è reso necessario elevare la sede ferroviaria con l'inserimento di 2 monoliti, ciascuno di dimensioni di mt.18,80 x 10,75 x 45,00


Questi sono ulteriori disegni e grafici rinvenibili nel PDF di quella relazione presentata dall'ingegner Minenna, personaggio dal passato alquanto controverso visto che ha subito un fermo per infiltrazioni mafiose negli appalti della Salerno-Reggio Calabria, autostrada di cui ha diretto i lavori in tappe successive e che ha subito una condanna in via definitiva per abuso d'ufficio mentre dirigeva i lavori per la Tangenziale di Lecce 
1(http://archiviostorico.corriere.it/2003/aprile/12/Figli_cugini_nipoti_alla_corte_co_0_030412090.shtml) 
2 (https://fenjus.wordpress.com/2011/10/12/un-condannato-ai-vertici-dellanas-fara-la-nuova-autostrada/) 

Ma aldilà dell'aspetto nebuloso di chi è stato dietro all'evoluzione del GRA, e in particolare del recupero della continuità dell'Appia Antica, quest'ultima è stata un'opera necessaria e che ha dimostrato che non sempre con l'avanzare del tempo l'umano tende a rovinare maggiormente l'ambiente e il paesaggio. A volte invece andando avanti si può porre rimedio ad errori macroscopici, come definitivamente lo fu quello di tagliare in due la Regina Viarum, anche se come visto sopra, all'inizio il danno non sembrava grande, perché il Raccordo non era un'autostrada ma una direttrice di circonvallazione dalla larghezza trascurabile.


Certo, riflettendoci bene non so se al netto di questo passo avanti, se ne sia fatto qualcuno indietro togliendo tutta la terra necessaria per scavare le gallerie del sottopasso, "le più grandi del mondo" come le definivano prima del 2000, dotate di 3386 lampade, 48 ventilatori per un totale di 372 chilometri di cavi elettrici.




Quel che è certo è che l'Appia Antica, nonostante gli atavici problemi di abusivismo edilizio che ancora si porta dietro, oggi è percorribile da Porta San Sebastiano a Frattocchie senza interruzioni. Non che siano mancati anche momenti storici e leggendari vissuti dall'Appia Antica nell'epoca della sua divisione(ne parleremo...), ma riaverla così è stato un sogno realizzato per migliaia di persone. Quella prima volta che la mia corsa a piedi si arrestò di fronte al correre e rombare delle macchine  e degli autotreni del Grande Raccordo Anulare sembrava che dovessimo arrenderci di fronte al progresso. Per fortuna mi ero sbagliato....